È iniziata il 7 febbraio 2020 la battaglia di Patrick Zaki, attivista egiziano classe 1991 arrestato e poi scarcerato (ma non assolto) con i mandati di: minaccia alla sicurezza, incitamento a proteste illegali e diffusione di false notizie. Questo ha scaturito diverse disapprovazioni e manifestazioni di adolescenti, soprattutto italiani. Egli tornava da Il Cairo per una vacanza; in aeroporto, fu torturato e sottoposto a un interrogatorio sul suo lavoro e attivismo. Il giorno dopo sono stati stabiliti per lui quindici giorni di custodia cautelare.
Qualche giorno fa, Zaki si è recato al Palazzo Di Giustizia di Mansura per partecipare alla sua udienza, che è durata circa due minuti durante la quale ha parlato solamente la sua avvocata Hoda Nasrallah, presentando al magistrato gli atti della difesa. Non si è arrivati a nessuna conclusione, la decima udienza di Zaki è stata inutile ed è rimandata al 18 luglio. Da questo fatto sono nate parecchie domande e Rai News ha dato alcune risposte: il giudice principale non si è presentato e il suo verdetto è l’unico decisivo. La speranza di Patrick di tornare a Bologna per la tesi di laurea sta a poco a poco diminuendo anche perchè si è ritrovato nella lista dei divieti dell’aeroporto.
Molti hanno commentato sui social: “ennesima prova del disprezzo dei diritti umani da parte delle autorità egiziane”. Alla sua uscita dal Palazzo si è riusciti a raccogliere testimonianze del suo parere: “Sono felice per i messaggi di sostegno dall’Italia, che mi aspetta. Cercherò di non perdere la speranza. Mi sono ritrovato nella lista dei divieti di viaggio. E’ difficile per me terminare gli studi, ma con l’aiuto della professoressa e dell’università, sono riuscito a finire quasi tutti gli esami del master. Spero che quando arriverà giugno, sarò in Emilia Romagna a festeggiare la fine della mia tesi come una persona “normale”. Ad oggi la petizione per concedere a Zaki la cittadinanza italiana ha raccolto circa trecentomila firme, ma non gli è stata ancora concessa.
Il portavoce di Amnesty Italia (organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani) Riccardo Noury ci ha riferito un suo commento: “Stiamo parlando di un rinvio abnorme, e quel ragazzo festeggerà il suo trentaduesimo compleanno prima di ricevere la sua libertà. E’ un accanimento che le istituzioni italiane devono chiedere contro il governo de Il Cairo. E’ unapersecuzione crudele, ingiustificata, che costringe Patrick a rimanere intrappolato in una vicenda che tra l’altro lo vede innocente. Tutti coloro che hanno manifestato a Bologna torneranno in piazza a chiedere ancora una volta l’assoluzione e il ritorno di Zaki”. Anche la senatrice a vita Liliana Segre esprime qualche frase: “Nessun giovane dovrebbe mai finire in una cella, essere privato della libertà senza aver fatto nulla di male. A me successe quando avevo tredici anni e so cosa significa. Avevo votato in Senato per la richiesta di cittadinanza di questo simpatico studente e rimango convinta che gliela si debba concedere. In quell’occasione mi ero autoproclamata idealmente sua “nonna” e figuriamoci se non aprirò la porta a questo “nipote” che spero di riabbracciare qui in Italia il prima possibile.
Patrick Zaki è stato torturato solo perché difendeva alcuni diritti che tutti dovrebbero avere, come ad esempio la libertà di espressione. Questa cosa mi sembra inaccettabile e sono molto d’accordo con la citazione precedente di Noury.
Di Giacomo Piazza
La Lamborghini
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